Georgia on my mind
La settimana del Festival di Sanremo è il momento in cui decido di affrontare tutte quelle faccende che ho saltato a piè pari nei mesi precedenti: dal riordino della cantina alla lucidatura dei vinili o alla lettura di quel simpatico mattoncino di "Guerra e Pace". Quest'anno ho deciso di sistemare i miei appunti sulla Georgia, una terra che produce vino da 8000 anni.
Per molti anni, la Georgia è stata il principale fornitore di vino per l'intera Unione Sovietica. I vini venivano conservati in grandi caverne scavate nella roccia sul fianco di una montagna, con 8 chilometri di tunnel rivestiti di scaffali pieni di bottiglie. Ci vollero ben tre anni per costruire queste cantine, dal 1959 al 1962. Tuttavia, nel 2006 la Russia impose un embargo sul vino georgiano, che rappresentava il 90% delle esportazioni, affermando che i vini erano contaminati o contraffatti. In realtà, molti sostengono che l'embargo fosse una punizione politica per altre questioni non vinicole. Certe cose non cambiano mai.
Nonostante le difficoltà iniziali scaturite dall’embargo, l'industria vinicola della Georgia si e’ riorganizzata ed ha iniziato a la sua scalata. Il numero di cantine registrate è passato da circa 200 nel 2012 a 781 nel 2021. Molti dei nuovi produttori oggi hanno un decennio di esperienza e i risultati si iniziano a vedere. I produttori già consolidati invece hanno investito in cantine moderne e strutture di enoturismo. È un grande momento per il vino in Georgia, una contraddizione in cui il vino è antico eppure allo stesso tempo appena nato.
Kakheti è la regione vinicola più importante, situata nella parte sudorientale del paese a sole due ore di auto da Tbilisi. Qui, lungo pendii e valli intervallate da terre coltivate e villaggi, le persone vivono stili di vita diversi che spaziano dal pre-industriale al sovietico. Nelle grandi città, invece, si possono trovare edifici moderni e testimonianze dell'era del regime sovietico. Negli ultimi anni, inoltre, sta crescendo il numero di hotel e ristoranti che sperano di sfruttare il boom del turismo enogastronomico nella regione.
Tre stili di vino
La produzione del vino in Georgia si divide in tre stili molto diversi tra loro. Il primo, e più recente, è la produzione in stile internazionale di vini bianchi e rossi: vini fermi secchi vinificati in moderne vasche di acciaio, e talvolta lasciati maturare in botti di rovere. Il secondo stile è quello tradizionale, simile a quello utilizzato durante l'era sovietica e quella precedente. In questo stile si producono vini bianchi e rossi di varia qualità e dolcezza. I vini rossi sono i più richiesti e la maggior parte di essi è leggermente dolce, uno stile che è ancora molto in voga nei paesi dell'ex satellite sovietico e quelli baltici, dove i vini georgiani mantengono ancora una reputazione di prim'ordine.
Il terzo stile di produzione è quello antico, che utilizza grandi recipienti a forma di anfora di argilla chiamati qvevri (anche scritti kvevri) in Georgia. Attualmente, questi contenitori stanno vivendo un vero e proprio revival e sono utilizzati da un numero sempre crescente di produttori in tutto il mondo. Tuttavia, il metodo di produzione del vino georgiano si differenzia dalla produzione di vino in anfora in altri luoghi, poiché le anfore sono solitamente lasciate all'esterno, mentre i qvevri sono posizionati sottoterra.
Stile internazionale:
Per quanto riguarda le botti, la maggior parte di esse è fatta con rovere georgiano o proveniente da paesi vicini. Tuttavia, alcuni produttori utilizzano anche botti di quercia francese di alta qualità, sia nuove che ricondizionate. Dato che lo stile internazionale rappresenta una percentuale relativamente bassa della produzione nazionale, eviterò di entrare troppo nei dettagli dei metodi di produzione. Tuttavia, vale la pena sottolineare che i georgiani utilizzano serbatoi di qualsiasi dimensione per la vinificazione e la conservazione del vino, dai moderni serbatoi in acciaio inossidabile ai giganteschi serbatoi in acciaio dell'era sovietica presenti nelle cantine industriali come Tbilvino che, nonostante la vasta dimensione, produce ancora vini di buona qualità provenienti dalle aree con denominazioni più piccole (AOC) come Mukuzani e Tsinandali.
L'Associazione del Vino Georgiano (GWA) ha definito 18 AOC, e altre sono in arrivo. Grazie ai finanziamenti internazionali, il GWA promuove i vini georgiani attraverso la partecipazione alle principali fiere del vino in tutto il mondo e l'organizzazione di conferenze sul vino. Inoltre, l'associazione si occupa di preservare 525 varietà autoctone di uve, 430 delle quali sono già state piantate in vigneti sperimentali e vivai scientifici.
In Georgia la raccolta delle uve è sempre effettuata a mano. Per i georgiani questo è talmente ovvio che le persone ridono se qualcuno chiede loro se le uve siano raccolte a mano. Anche chi ha i soldi per comprare attrezzature per la raccolta preferisce comunque la raccolta manuale. Inoltre, in questo periodo di crisi globale, sempre più persone sono disposte a lavorare nei vigneti.
Stile tradizionale:
Culturalmente, il vino fa parte della vita georgiana da tanti secoli; per i georgiani, è un requisito indispensabile in tutte le riunioni di famiglia e nelle cerimonie religiose. Se gli chiedete dove o come abbiano imparato a fare il vino nell'era post-sovietica, vi guarderanno come se foste pazzi; ogni famiglia sa come fare il vino! C'è sempre uno zio, un padre o un fratello che insegna alla prossima generazione.
Tuttavia, i vini in stile tradizionale, soprattutto i rossi, vengono spesso erroneamente respinti dalla critica del vino internazionale, forse perché non molto conosciuti al di fuori dei paesi ex-sovietici. Certamente, in alcuni casi questi vini sono fatti in modo approssimativo e sanno di poco più che di succo di uva fermentato. Ma ce ne sono altri, principalmente quelli prodotti con l'uva rossa Saperavi, che sono fatti con cura e che presentano un bel equilibrio tra frutta e tannini. Solitamente, questi sono vini rientrano nella categoria dei vini "abboccati" (10-30 grammi/litro di zucchero residuo) o "amabili" (30-50 g/l) e si abbinano perfettamente con una vasta gamma di cibi, dalla frutta secca ai tradizionali spiedini di maiale grigliato. Gli aromi e i sapori predominanti della frutta sono di ribes nero, mora e mirtillo. A seconda della dolcezza e della presenza del frutto, possono essere serviti come aperitivo, durante il pasto o con il dolce.
Personalmente, credo sia un errore sottovalutare questa tipologia di vini. Purtroppo, come gia accennato, la stampa specializzata sta influenzando i produttori, portandoli a mettere in discussione il loro orgoglio per questi vini. Questo, invece, a mio avviso è proprio il momento in cui bisognerebbe puntare sui vini che abbiano una forte identita’ e prodotti con uve autoctone. Tra l’altro studi recenti mostrano un aumento del consumo nella categoria dei vini rossi dolci. Forse chi produce questi vini dovrebbe piuttosto concentrarsi sul miglioramento della qualità generale, al fine di creare una nuova (e fondamentale) identità nazionale sul mercato mondiale e conquistare una fetta del mercato in crescita per questa tipologia di vini.
Qvevri:
Il qvevri è presente ovunque in Georgia: i negozietti turistici nel centro di Tbilisi ne vendono raffigurazioni su magliette, strofinacci e calamite da frigorifero. Si trova sui cartelloni pubblicitari lungo le strade e sulle insegne dei locali e degli hotel delle piccole città. Tuttavia, l'onnipresenza del qvevri va oltre il fenomeno di marketing dell'ente turistico. È un simbolo di quanto siano orgogliosi i georgiani di essere uno dei paesi più antichi nella produzione di vino al mondo.
Paradossalmente, il qvevri è anche un simbolo della ricerca della Georgia di un tipo molto particolare di modernità, in cui i produttori di vino naturali cercano di fare vini moderni nel vecchio modo. È un metodo di produzione che porta a vini diversi da tutti gli altri: bianchi di colore ambrato con corpo e struttura dei rossi e rossi che spesso mostrano una qualità selvaggia, speziata e erbacea. Negli ultimi anni, la qualità di questi vini è aumentata molto con l'emergere dello stile "Fine Amber" (puro, elegante, curato) dove il vino non "sa solo di qvevri", ma soprattutto della sua varietà (intesa come uva) e origine.
Il qvevri è un grande recipiente, simile nella forma ad un'anfora in argilla, che può contenere da 400 a 2.000 litri o più. Tradizionalmente, viene sepolto nel terreno fino al collo. L'uva viene schiacciata e gettata dentro, insieme alle bucce, ai raspi e ai semi (chiamati "la madre" in Kakheti), e la fermentazione viene lasciata iniziare naturalmente senza l'aggiunta di lieviti commerciali o di nutrienti.
I vini bianchi "qvevri", come anticipato, in realtà presentano un colore ambrato e rientrano nella categoria "cool" dei "vini orange" ("cool", almeno per alcuni). Il loro stile e colore dipendono sia dalle uve utilizzate, sia dal metodo di produzione. I "vini orange" hanno tannini pronunciati e sono potenti al palato, e hanno un profilo caratteristico che, se non si è attenti, può essere confuso con l'ossidazione. Tuttavia, questi vini non sono da confondere con i classici vini ossidati. Gli aromi sono spesso sorprendenti e densi (si possono riconoscere note di frutta matura e candita, miele, gelsomino, erbe e fiori secchi) ma risultano piuttosto diversi dai tipi di vino deliberatamente ossidati, come ad esempio il Vin Jaune dello Jura, l’iconico Chateau Musar Blanc del Libano o un Rioja bianco vinificato tradizionalmente.
La fermentazione in qvevri avviene senza coperchio con una leggera agitazione delle bucce e dei raspi che emergono in superficie, formando un cappello che previene efficacemente l'ossidazione. Tuttavia, le bocche dei qvevri sono molto piccole, con aperture spesso di 40 centimetri o meno di diametro. Inoltre, durante la fermentazione la temperatura rimane piuttosto costante perché la bassa temperatura del terreno circostante ne riduce l’innalzamento. Ciò è particolarmente importante in quanto le temperature estive nella regione di Kakheti possono raggiungere i 40°C. Per questo motivo, i produttori più attenti posizionano i qvevri distanziati tra loro in file alternate per le diverse uve, che vengono naturalmente raccolte in tempi diversi.
Mentre generalmente i vini bianchi possono rimanere nei qvevri con i loro raspi e bucce, in alcuni luoghi, specialmente nella regione di Kartli intorno a Tbilisi, i vini vengono travasati e solo il vino limpido viene invecchiato nei qvevri sigillati sottoterra. La tendenza per i vini rossi, invece, è quella di essere travasati subito dopo la fermentazione e separati dalla "madre", poiché le bucce e gli altri materiali renderebbero i vini troppo ruvidi. Il qvevri viene poi sigillato con un coperchio di legno e terra o argilla, e il vino viene lasciato maturare solitamente fino a sei mesi. I vini vengono successivamente imbottigliati, anche se alcuni produttori hanno iniziato a fare un ulteriore passaggio (piu o meno lungo) in botte prima di imbottigliare.
Si potrebbe pensare che questo metodo di produzione laissez-faire sia incline a difetti. La questione dell'igiene di un'anfora di argilla e dell'ossidazione è una preoccupazione diffusa. Tuttavia, la risposta è semplice: 8.000 anni di esperienza tramandata di generazione in generazione hanno portato alla scoperta di soluzioni per quasi ogni difetto comune e problema nella produzione del vino. Lasciare che il vino maturi non solo con le bucce, ma anche con i lieviti esausti, aggiunge sapore e complessità. Inoltre, più tempo passa, maggiore è il rischio di sviluppare sapori e odori riduttivi (zolfo, sentori di feccia e uova marce). In un qvevri, tutta la materia solida si raccoglie nel piccolo fondo conico, riducendo al minimo il contatto con il resto del vino e prevenendo efficacemente lo sviluppo di brutti odori riduttivi.
I vini qvevri raggiungono la loro stabilità senza rifermentare in bottiglia o trasformarsi in torbido sidro, grazie anche alle mono-proteine rilasciati dai lieviti esausti. Inoltre, è importante sottolineare che lasciare che questi vini (sia bianchi che rossi) facciano naturalmente (senza alcuna forma di additivo o intervento manuale) la fermentazione malolattica è un elemento chiave nel processo di stabilizzazione. Il vino prodotto senza dosi regolari di solforosa è suscettibile a ogni tipo di attività microbatterica, di acidità volatile e di lieviti alterativi come il Brettanomyces. Pertanto, l'igiene è fondamentale. I qvevri devono essere accuratamente puliti dopo ogni vendemmia e rivestiti internamente con cera d'api. Gli esperimenti di Frank Cornelissen in Sicilia hanno dimostrato che l'omissione di questo passaggio ha causato grandi con i livelli di acidità volatile.
Anche se rappresenta solo una piccola frazione della produzione del paese, la rinascita del qvevri ha permesso ai vini della Georgia di diventare un must-have e di accomodarsi all’ambito tavolo delle prestigiose wine list dei migliori ristoranti al mondo. Questi vini hanno ispirato un movimento globale di produttori con mentalità simili a lavorare con l'argilla. Per un paese che per gran parte del XX secolo si è dedicato alla produzione di vino industriale mediocre per il governo centrale sovietico, questo è un successo straordinario. E che dire di questo intramontabile vaso di argilla, che viaggio incredibile ha fatto.