L'importanza delle etichette: un'opportunità da non perdere

Cos’è una pubblicità? Secondo l’enciclopedia Treccani, è una tecnica di comunicazione intenzionale, persuasoria, di massa, finalizzata, attraverso una serie di strumenti e strategie, alla commercializzazione di prodotti e servizi.

Lo spazio pubblicitario di solito si valuta in base al prezzo per centimetro quadrato. La maggior parte degli inserzionisti vorrebbe avere più centimetri di quanti se ne possa permettere e sarebbe felicissima se qualcuno glieli offrisse gratuitamente.

Il vino non si vende da solo
Alcuni produttori di vino hanno compreso perfettamente questo concetto. Chiunque abbia visitato un’enoteca negli Stati Uniti avrà notato l’attenzione dedicata al design dei cartoni, spesso impilati in promozione come prima cosa visibile all’ingresso del negozio. I più attenti avranno notato nei parcheggi del ProWein, occasionalmente, veicoli con i loghi di produttori di vino.

Ma questi sono casi eccezionali, soprattutto in Europa, dove si presume che il vino debba vendersi da solo. Anche l’etichetta frontale riceve spesso troppo poca attenzione e molte cantine continuano a ritenere inutile fornire una retroetichetta, a meno che non sia richiesta dai rivenditori per la presenza obbligatoria di un codice a barre.

Le retroetichette, come il moderno enoturismo, sono generalmente considerate un’invenzione del Nuovo Mondo, e sicuramente è molto più raro vedere un vino statunitense, sudamericano o australiano senza di essa rispetto a uno francese o italiano. Ma anche nei paesi che le usano abitualmente da decenni, la retroetichetta viene spesso trattata con la stessa superficialità della cravatta indossata da molti impiegati.

Uno spazio per informazioni obbligatorie
Ora, tuttavia, le normative dell’UE stanno rendendo quasi obbligatorie le retroetichette, persino per le cantine più prestigiose. I produttori di vini venduti in Europa dovranno fornire informazioni sugli ingredienti e sui valori nutrizionali, sotto forma di testo stampato o tramite un codice QR dedicato, nessuno dei quali si adatta facilmente all’etichetta principale di una bottiglia. Anche il simbolo di avvertimento raffigurante una donna incinta, ora obbligatorio in Irlanda e in alcuni altri mercati, non ha un bell’aspetto lì.

Molti produttori che hanno evitato la retroetichetta si limiteranno ora a crearne una per obbligo, senza però sfruttarne il vero potenziale. Magari, se rimane un po’ di spazio, aggiungeranno qualche parola su come la loro tenuta risale al 1700, o suggerimenti su come il vino bianco nella bottiglia si abbini a pesce e carni bianche, o che il vino è “fresco e asciutto”.

Tutto ciò rappresenterà un passo avanti, ma, come ha sottolineato Margaret Nolan, Direttore Creativo Globale dello studio australiano Denomination, in un recente articolo su DIELINE, non trattare la retroetichetta con l’attenzione che merita significa perdere un’opportunità cruciale. Per i produttori europei, è tempo di riconoscerla non solo come uno spazio obbligatorio, ma come uno strumento strategico per raccontare la propria storia, valorizzare l’autenticità del prodotto e distinguersi sul mercato globale.

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